
Ma quando si esce dal centro, verso il ghetto dove vivo, il treno inizia ad urlare di un dolore lancinante, che raschia sui binari vecchi e consunti e non va più via, per finire a sera nelle pentole a pressione piccolo-borghesi, o nei minifrigo stracolmi degli immigrati. Qui l’irrompere dei timori passeggeri si raddolcisce nel tanfo dei mcdonalds, per poi perdersi disperato nei volti consumati e scavati di 40 dannati sotto l’acqua, prima di acquietarsi sopra le vetture unte e arrugginite. Appelhofenplatz non esiste, come non esiste ciò che per essa transita. Una serena luce annuncia una venuta a vuoto, due minuti di attesa, il dolce inganno di una rassicurazione, il tenero abbraccio di una madre al figlio ripudiato.
Ma Venloerstrasse esiste, come esiste l’urlo che scheggia le case della lego, e dilania i tessuti di cappotti fuori taglia, senza bisogno di gridare. Appelhofenplatz non esiste. Una voce che non esiste annuncia con dolcezza il blocco della circolazione, per cause lontane, l’assenza di pulsazioni di chi non atteso che le vetture si fermassero per ascoltarne l’urlo che da sotto ne promana.
Venloerstrasse esiste. A segnarne l’esistenza quel mare rosso a 20 metri dalla fermata, la salsedine coagulata, così sia. “Da simmer dabei! Dat is prima! Viva Colonia! Wir lieben das Leben, die Liebe und die Lust, Wir glauben an den lieben Gott und hab'n noch immer Durst”.
Venloerstrasse esiste. A segnarne l’esistenza quel mare rosso a 20 metri dalla fermata, la salsedine coagulata, così sia. “Da simmer dabei! Dat is prima! Viva Colonia! Wir lieben das Leben, die Liebe und die Lust, Wir glauben an den lieben Gott und hab'n noch immer Durst”.
2 commenti:
Il viaggio continua, rumoroso e olfattivo... aspetto la prossima fermata.
metafisico e carnale, la storia universale, quella divina e il quotidiano s'itersecano e svaniscono... esperienza orfica di discesa agli inferi...
mi ispiri...
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