venerdì 6 giugno 2008

Gioco Oplepiano 01: il pranzo era apparecchiato per quattro

“Sì, ma non ho ancora capito per chi è quel posto in più.”

“Sara, non ti preoccupare. Tieni, bevi un po’ di questo. E’ un vino raro, sai?”

“Ti ringrazio, è quello che ci vuole.”

“Posso averne un goccio anch’io?”

“Tu sta’ zitto e ricordati perché sei qui.”

“Ok, stare fermo e muto. Mi passi il vino?”

“Sei un idiota, Claudio. Dicevo, cara, non devi pensare a niente. Devi solo goderti il pranzo e fare quello che ti ho detto.”

“…che offri tu me lo ricordo bene!”

“Zitto Claudio! Devi-stare-zitto! Assaggia questo carpaccio di pesce spada tesoro, e dimmi che ne pensi.”

“Mi piace, profuma di buono”

“Come te, piccola”

“…”

“Sara, ho detto: ‘come te piccola’

“Ah, sì… Non chiamarmi così, lo sai che non ti amo

“Per forza, ti ha appena detto che puzzi di pesce.”

“Muto Cla’, muto!”

“Già, taci! A proposito, Claudio, nel caso ti facessi strane idee: io non ti amo. Non amo nessuno dei due, non vi ho mai amati!”

“Grande Sara!”

“Scusa, ma chi te l’ha chiesto? Hai pure il culo piatto.”

“Io questo lo ammazzo. Appena è tutto finito, giuro che lo metto sotto con la macchina! Anzi no, essere stirato da una Ford è un onore. Prima mi compro una Duna e poi lo metto sotto! Ecco il primo, finalmente!”

“Mi scusi, le avevo chiesto gamberetti e zucchine, non spaghetti alle vongole.”

“SSH! Zitto! Non c’è il cameriere!”

“Cosa? Ma sei fuori? Che, il piatto è arrivato volando?”

“Stai zitto, non c’è il cameriere! Non c’è nessuno, è un self service, ok? Guarda, te l’ho preso io il piatto. Tié, mangia.”

“Scusa, ma allora chi cucina? Chi lava i piatti? E chi batte cassa?”

“E’ tutto automatizzato, Claudio. Tipo… tipo con i computer. Ora mangia, usa la bocca per mangiare in grazia di Dio!”

“… Comunque deve esserci un bug nel software, io avevo chiesto gamberetti e zucchine.”

“Allora, torniamo a noi cara.”

“Aspetta, prima c’era un’altra cosa che mi avevi detto di fare.”

“Oh, merda. Non mi ricordo.”

“Come non ricordi? Se non lo sai tu?”

“E’ che tra il vino e questo scassapalle ho perso il filo!”

“…il filo? Ma per filo intendi uno sottile, o anche qualcosa di più grosso? Che ne so, tipo corda...”

“Sei un genio.”

“Grazie.”

“Ferma Sara, non dirlo!”

“Dire cosa?”

“Quel che stavi per dire.”

“E tu che ne sai? E poi perché no?”

“Avresti sforato.”

“Ma perché vi fate gli occhiolini?”

“Perché non ti ci strozzi coi gamberetti? Del resto pago io, potrò avere qualcosa in cambio? Un pranzo per la tua morte per soffocamento. Mai scambio fu più equo!”

“Dai, non esagerare adesso.”

“Hai ragione gattina, ho perso le staffe. Ignoralo, pensiamo a noi.”

“Non c’è nessun noi, quante volte lo devo ripetere?”

“Ma…”

“Sara, mi passi il pepe?”

“Claudio, rassegnati anche tu: non sarò mai tua!”

“Ancora? E che c’entra col pepe? E poi non urlare, che disturbi i robot in cucina.”

“Piantatela! Guarda in che casino mi sono ficcato!”

“Scusa, mi sono confusa.”

“Non ce l’ho con te, Sara. E nemmeno con te, Claudio. E’ che tutta ‘sta faccenda è… complicata, e assurda.”

“Perché allora non ci dici il motivo di tutte queste stranezze?”

“Bene, ora vi spiego tutto per filo e per segno, tanto credo che ormai ci siamo. E’ un po’ complesso, perciò Claudio, soprattutto tu, concentrati.
L’altro giorno facevo un giro in rete. Le solite cose, sapete. Quando ad un tratto mi imbatto in un blog. E’ stato allora che tutto ha avuto inizio…”

3 commenti:

Cristò ha detto...

Direi che Lelio è promosso.

Hai stirato le regole come si deve il racconto ha uno stile piacevole, divertente. Il finale è geniale.

Anonimo ha detto...

e sul finale spacchi i culi!

william ha detto...

grande: è dentro, è fuori,
è un uncinetto senza senso,
un giardino zen.
è tutto "meta"!