lunedì 16 giugno 2008

Gioco Oplepiano 01: Il pranzo era apparecchiato per quattro


“Vedi il cruscotto d’avanti ai tuoi occhi ragazzo? Aprilo e passami la bottiglia. Bada a non fare scherzi o le cose potrebbero mettersi male per te e la pollastrella!” disse quell’uomo venuto dal nulla mentre guidava la sua Eldorado decappottabile del ’72.
Si chiamava Cristo, o almeno così pareva avesse detto. Aveva occhi come piccoli cubetti di ghiaccio, i capelli neri e lunghi, la barba incolta, il sorriso innocente e puzzava di sangue raggrumato.
Leslie, seduto accanto a lui, a mani legate con una corda, esaudì la sua richiesta. Aprì. Dentro il cruscotto c’erano una bottiglia di Buffalo Trace ancora sigillata e una Revolver Colt piuttosto vecchia.
Leslie alla vista dell’arma da fuoco spalancò gli occhi.
Pensò di prenderla velocemente e premere il grilletto verso quella testa matta, “Non pensarci nemmeno piccolo figlio di puttana!” fece tagliente Cristo continuando a guardare l’orizzonte infuocato d’avanti a sè.
Il sole albeggiava sputato dalle colline ardenti del deserto, la radio brontolava Wind Song dei Black Merda, il whisky era quasi finito e l’auto sfrecciando, spariva nella nube di calore.

“Aaaaah! Eccoci qui signori, siamo arrivati!” strillò Cristo fermandosi vicino una piccola e abbandonata stazione di servizio perduta nel silenzio di Dio.
Era nauseante la puzza del fast food diroccato.
Saltò giù dalla Cadillac tenendo in mano il fucile a pompa che aveva tenuto fra le gambe durante il viaggio. Era ilare, aveva nello sguardo qualcosa di assurdamente innocente, come se tutto fosse ordinario. Come il gioco di un bambino.
Andò dritto verso il bagagliaio per aprirlo.
Scarlett aprì gli occhi a stento. Era un miracolo che fosse ancora viva. Sentiva dolore e formicolio su tutto il corpo, sangue e polvere, ovunque. Non riusciva a respirare. Tossì.
“Ok ragazza l’ora della pacchia è finita, alza quel culo delizioso e vieni fuori. Ho fame. Tu?” prendendola in braccio la tirò fuori. A fatica si reggeva in piedi. Aveva anche lei le mani legate.
Li fece entrare nel fast food. Non si vedeva quasi nulla, poca luce filtrava dalle serrande rotte. Cristo li fece immediatamente sedere. Apparecchiò la tavola per quattro e s’allontanò inghiottito dal buio. I due ostaggi erano uno di fronte all’ altro. Lei con gli occhi bassi, lui la fissava cercando il suo sguardo, ma niente. Poco dopo tornò quel folle, con una coscia di maiale in spalla che rovesciò violentemente sul tavolo. Era andata a male e brulicava di vermi giallognoli. Puntò verso di loro il fucile e disse serrato: “adesso so che voi due vorreste rifiutarvi di mangiare l’ottima pietanza che vi ho portato, ma vedete… è necessario che voi la mangiate per riempirvi lo stomaco.” Scarlett non esitò e nonostante le mani legate dietro la schiena riuscì benissimo a divorare pezzi di quella carne putrefatta. Leslie non riuscì a trattenersi dal vomitare.
Cristo scoppiò in una risata maniacale.
“Cosa cazzo ti dice il cervello fottuto pazzo esaltato!? Perché siamo qui?! Che ti abbiamo fatto? Vogliamo solo tornare a casa…” gridò Leslie.
“Vedi figliolo, ho bisogno che voi mangiate. Perché chiunque arrivi qui, sarà mio ospite. E non potrei essere così scortese da non offrirgli nulla di buono… mi capisci vero? E poi calmati… siamo solo all’inizio.”

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Se esistessero ancora, e, soprattutto, se esistessero in Italia, le riviste Pulp che circolavano negli anni ’20 negli Stati Uniti, sono sicuro che questo breve racconto sarebbe entrato meritatamente nelle loro pagine. Ciononostante, il piglio narrativo è assolutamente personale, non assimilabile né a quello dei romanzieri statunitensi come Lovecraft e Robert Erwin Howard, né tantomeno a quello dei più recenti “cannibali” italiani. Il modello è, più che altro, il cinema americano, è Tarantino. Da qui la scorrevolezza della narrazione, l’evidenza delle immagini, l’efficacia dei dialoghi. In questo piccolo quadretto di highway americana, dove non manca proprio niente (l’Eldorado del ’72, il Buffalo Trace, la Colt, un fast food diroccato, i Black Merda), va in scena una storia in cui il sangue e l’orrore diventano così naturali che si preferisce sfumarli, lasciarli intuire. Ma non si dica che è violenza fine a se stessa, perché un messaggio da comunicare c’è: il messaggio è l’uomo.

CITAZIONE PREFERITA: “I due ostaggi erano uno di fronte all’ altro. Lei con gli occhi bassi, lui la fissava cercando il suo sguardo, ma niente.”


Giorgio

Cristò ha detto...

Uhm, che ottimo pranzo!

Hai costruito molto bene l'ambiente con i particolari giusti, persino troppo giusti, e la storia è tutta da venire come deve essere. Sembra un Carver particolarmente incazzato.

Bravo Marco. Anche il tuo è un ottimo esordio su SP.

prego mi dica ha detto...

sono sincero,ero convinto fosse l'inizio di un film,molto appassionante però vorrei sapere come va a finire.
perchè nn scrivi il resto??
cmq complimenti la tua conoscenza del cinema riesce sempre a risultare utile...
riuscivo a percepire la tensione del ragazzo vicino al vecchio maniaco ubriacone..la ragazza ormai credeva che facendo ciò che l'uomo voleva,sarebbe riuscita a cavarsela!!
povera illusa,in questo mondo c'è chi lotta e perde e c'è chi si fa sopraffare e perde cmq,la verità è sempre nel mezzo...
per sopravvivere dobbiamo essere noi i maniaci ubriaconi!!!!!!

8ulls3y3 ha detto...

Ah però!
Ottimo esordio Okram.
Un omaggio (doveroso) ad un genere è derivativo per sua stessa natura, ma il tuo sa essere personale... e niente affatto "amateur".
In poco più di 2700 caratteri hai sbattuto il lettore fuori da un cofano arroventato e lo hai rinchiuso in un diner fatiscente. Hai catturato la sua attenzione in un istante, hai fatto crescere la tensione in modo magistrale.
Tensione che resta alta, senza consolazioni o catarsi, visti il momento e il modo in cui il tuo "inizio" giunge a spegnere la luce sulla scena.
Turba e diverte, questo racconto, e mi porta a pensare più a Rob Zombie che a Tarantino, sebbene l'estetica di entrambi sia figlia dei medesimi (bassi) istinti.
Bravo davvero, unica pecca: preferisco la Impala del '67, o la Oldsmobile 442 del '70 alla Eldorado... ma nessuno è un fottuto figlio di puttana perfetto, dico bene?